Ciò che lascia esterrefatti è che queste facce di bronzo sono ancora li.
Tornando ai tagli si può pensare di fare dell’altro, ma il problema è sempre lo stesso: chi ci mette la faccia?
Il ministro Bersani del precedente Governo aveva fatto delle liberalizzazioni il suo cavallo di battaglia cominciando anche da diversi settori della funzione pubblica. All’atto pratico nulla è cambiato. E’ vero che con i tagli non si assumono più nuovi amministratori e che molti uffici pubblici sono con il personale ridotto al lumicino, ma proprio per questo sono diventati inefficienti e quindi inutili e dannosi.
I tagli maggiori si sono avuti nei ruoli dirigenziali e di responsabilità. In questo modo vengono meno i controlli sugli operatori amministrativi e sui servizi all’utenza. E’ necessario correre ai ripari ed in fretta. Noi possiamo intervenire solo nel settore che meglio conosciamo: quello del Ministero dei Trasporti e degli uffici periferici della Motorizzazione. Quando, nel 1979 ho personalmente iniziato la mia attività di progettista, prima di camper e poi di carrozzerie industriali e di seguito di tutto ciò che si muove su ruote, gli ingegneri che operavano all’interno del solo ufficio provinciale UMC di Bologna erano almeno una dozzina e oltre una ventina i settimi livelli abilitati ai collaudi e tutto funzionava discretamente, ma spesso ci si lamentava ugualmente dei disservizi. Oggi gli ingegneri sono solo due (compreso il direttore) e i settimi livelli meno di una dozzina. Le incombenze e le responsabilità a loro assegnate, anziché essere diminuite sono decisamente aumentate, e come tutte le coperte corte se la si tira da una parte ci si scopre da un’altra. Certamente nel resto d’Italia la situazione non sarà così drammatica, anche se nel resto dell’Emilia Romagna esistono situazioni analoghe e peggiori. Modena come ingegnere ha solo il direttore, Parma e Piacenza hanno un direttore in comune e due ingegneri, Reggio Emilia, un direttore e un ingegnere a mezzo servizio, Rimini il solo direttore. Leggermente meglio sono messe Ferrara, Ravenna e Forlì, ma di sicuro il sistema così non può reggere ancora per molto tempo e non possono essere soluzioni tampone a invertire la tendenza, tanto vale fare delle correzioni, che a nostro avviso, possano durare nel tempo anche se richiederà un lavoro immane per chi sarà deputato ad attivarsi per questo cambiamento.
Di questo problema se ne è fatto carico l’Associazione Vai Sicuro che rappresenta tutti i responsabili tecnici dei Centri revisione veicoli privati e in un recente incontro al Ministero ha inoltrato le sue proposte.
Oggi, a loro avviso, il compito urgente dell’attuale Governo, oltre che una corsa contro il tempo per evitare la paralisi e l’immobilismo del settore, è di prendere la decisione di scegliere per intervenire molto velocemente in uno dei due modi seguenti:
-Scelta statale con investimenti importanti per dotare le carenti strutture pubbliche di personale ( tutto da qualificare) e di parecchie attrezzature, per renderle efficaci ed efficienti sulle richieste dell’utenza.
-Scelta di ulteriore privatizzazione e di allargamento delle attività operative delle attuali strutture private, da affiancare a quelle pubbliche, condizionandole indistintamente all’ob-bligo di rispondere a determinati requisiti. La proposta - soluzione di Vai Sicuro va in questa seconda direzione ricalcando la stessa strada con la quale si sono, a suo tempo 16 anni fa, privatizzate le revisioni dei veicoli leggeri, senza commettere però errori già visti. Altri paesi europei, in questo senso, possono offrirci una vita da seguire per legiferare al meglio tale futuro settore. Tranne che per Italia e Grecia, tutto questo è una realtà ormai consolidata da anni. Giova sottolineare che a nostro sapere, in alcuni stati come Germania, Austria, Lussemburgo, Gran Bretagna, Olanda e più recentemente anche Spagna e Lituania, funziona talmente bene che agli enti privati riconosciuti è stata demandata la totale gestione di tutte queste operazioni, in un regime di concorrenza tra pochi autorizzati. Da quando in Italia hanno iniziato ad operare i centri revisione privati, è vero che ogni tanto qualcuno finisce sulle pagine di cronaca nera dei giornali, ma allo stesso tempo, la loro opera ha risolto con grandi vantaggi economici per lo stato un problema istituzionale molto importante e decisamente più positivo per la collettività. Anche in questo caso è bene sottolineare che lo stato, che da ogni revisione percepisce 9,70 Euro per revisione, solo perché attualmente mette a disposizione un CED, introita con i 13 milioni di operazioni medie l’anno la bellezza di oltre 12 milioni di Euro.
I motivi di certe irregolarità, in gran parte, risalgono alla coperta corta e alla mancanza di reali controlli, che non possono in futuro solo essere “ingegnerizzati”, ma soprattutto per un gravissimo errore strutturale e di concetto commesso nella elaborazione della norma contenuta nell’articolo 80 comma 8 del CDS. Non si può affidare al controllato (Officine di auto riparazione) anche l’attività di controllore (Centro di revisione). L’Italia è l’unico paese in Europa ad avere questo sistema. Meglio, secondo la proposta Vai Sicuro, rendere definitivamente applicabile la circolare 147/96 già citata, che sin dalla sua prima stesura, stabilisce che ogni centro di revisione deve essere certificato in sistema qualità secondo i parametri specifici inseriti in essa, sia dai funzionari abilitati degli UMC che da enti privati riconosciuti, e che almeno annualmente, lo stesso deve essere rivisto. Di fatto con qualche piccolo aggiustamento che trasforma il centro di revisione privato in un vero ed autonomo laboratorio di prova e con l’applicazione di MCTC Net di seconda generazione (ingenirizzazione del sistema), si garantisce un ottimo risultato finale. In realtà ad oggi, su oltre 5.600 centri autorizzati nemmeno il 5% è certificato in sistema qualità e solo una decina, aggiungiamo, lo sono in laboratorio di prova, e molti di questi non hanno seguito la procedura ministeriale; come mai? Ai nostri frequenti convegni sul tema, sin dal 2001, esortiamo i partecipanti a procedere almeno nella direzione di certificarsi 147/96, ma la risposta della platea è sempre stata: nessuna istituzione ci ha imposto questo sistema di controllo e perché mai noi lo dovremmo adottare autonomamente aumentando inutilmente i nostri costi di gestione? Vorremmo ricordare che sino ad ottobre 2007 la tariffa imposta era bloccata da oltre 8 anni ed i margini di guadagno non esistevano più e chiedere ulteriori sforzi economici in quel momento sarebbe stato inutile ed ingiusto. Solo recentemente alcune province, da noi sollecitate, si sono sensibilizzate su queste problematiche ed in particolare con quella di Verona, dove nel settembre 2008, partirà un progetto per avviare un percorso che porti almeno una ventina di centri a certificarsi (ricordiamo che a Verona le officine autorizzate sono oltre 120). Se si obbligano tutti i centri ad avere questa sorta di abilitazione di sistema e si limitano gli accessi ad ogni ente riconosciuto secondo precisi standard, nel volgere di qualche anno l’intero comparto si allineerà correttamente alle esigenze della collettività, come già capita per tanti altri settori da noi ed in giro per l’Europa.
La stessa circolare già prevede l’istituzione di enti di certificazione riconosciuti per questi controlli, ma non si è mai dato corso a definirne le caratteristiche e renderli operativi e quindi tutto è rimasto fermo. Conclusione lapidaria: gli UMC non sono stati in grado di fare questi controlli per carenza di personale, non si sono attivati questi sistemi alternativi, non ci possiamo meravigliare perché oggi si va sui giornali per attività condotte illegalmente.
Diventa indispensabile almeno attivare questi enti e stabilire precise regole sia su di loro che sui futuri CPV che si affiancheranno alla struttura pubblica nell’attività ordinaria. La selezione di questi ultimi, secondo la nostra opinione, deve essere in grado di abilitare non oltre 2.000 strutture su tutto il territorio nazionale, anche perché sono previsti investimenti importanti in fase di adeguamento delle strutture. Non vorremmo peccare di presunzione ma è da tempo che ribadiamo diversi di questi concetti sulla nostra rivista.
Ci sono già dei precedenti di linee guida da noi adottate, che poi si sono regolarmente applicate a livello nazionale, come quando sin dal 1997,anno in cui sono state rilasciate le prime “allora concessioni ministeriali”, noi abbiamo iniziato sin da subito a proporre ai vari centri di revisione che stavano nascendo di fare i corsi di formazione per i loro responsabili tecnici, perché riteniamo ancora oggi, fondamentale la crescita consapevole professionale programmata, in un settore vergine pieno di regolamenti e norme da rispettare e con importanti responsabilità penali. Abilitare un responsabile tecnico sulla base solo di un titolo di studio cozzava con il fatto che lo stesso si andava ad affiancare ad operatori della Motorizzazione che a loro volta avevano effettuato un percorso di formazione, potendo inoltre utilizzare un periodo di esperienza sul campo affiancati da funzionari già esperti. Proprio per stima nei confronti delle capacità istituzionali abbiamo preteso di sottoporre volontariamente i nostri allievi ad un esame di verifica sulle acquisite competenze in presenza di un presidente di commissione, rappresentato da un ingegnere della MCTC autorizzato appositamente dalla Direzione generale di Roma. Davanti a questa nostra proposta le varie associazioni di categoria, inizialmente, ci hanno sempre snobbato, per poi a distanza di sei anni, ricredersi e riconoscere indispensabile la necessità del superamento di questi corsi, dopo che dalla positiva nostra esperienza si è provveduto alla modifica dell’articolo 240 del regolamento di attuazione nel 2003. Le stesse si sono immediatamente attivate per farci concorrenza attraverso i loro enti formativi. Nonostante ciò l’unico ente che ancora oggi propone costantemente con cadenza bimensile questi corsi su tutto il territorio nazionale è il nostro. Questo a dimostrazione dell’esistenza di una struttura in grado di fornire risposte concrete ad un settore che ha l’indispensabile bisogno di fare un salto di qualità.
Ci aspettiamo che il Ministro prenda atto della situazione e decida di fare quel passo importante al fine di dare un’ importante scossa a questo settore che sta lentamente morendo a favore delle istituzioni straniere, che fanno ricchi affari con le nostre aziende, che non possono più contare su di una struttura pubblica affidabile.