businesscar, leader nel risparmio in auto aziendali

  EDITORIALE
Corsiario numero 65 numero 65 - anno 2006

Quale 2007? Cosa riserverà la situazione
politico – economica italiana attuale per il settore automotive?


Gentili lettori,
molti addetti ai lavori pensavano che dal settore automobilistico fosse rimasto ben poco da raschiare sul fondo di questo barile, invece si sbagliavano.
Una serie di provvedimenti ha fatto capire che ancora una volta il popolo degli automobilisti è quello più tartassato, ma anche il più silenzioso.
I mezzi di trasporto sono ormai una necessità consolidata, e quelli personali sono distintivi. Chi non possiede oggi un’autovettura è additato come un indigente o cose simili.
Così 36 milioni di veicoli circolano in Italia con una crescita di circa un milione di veicoli all’anno. Pertanto nel 2010 supereremo quota 40 milioni di unità a motore.
Basta addebitare 100 € di media all’anno per ogni mezzo per racimolare ben 4 miliardi di € in più.
Ma questa volta si sono superati, non si sono limitati ad aumentare il bollo,e la benzina, ma hanno sferrato un duro attacco al mondo delle auto aziendali.
Questo per rispondere, in modo quasi feroce, a quelle aziende ree di aver sfidato lo Stato ricorrendo alla Corte Europea per farsi riconoscere quanto spettante loro in materia di IVA di beni ad uso strumentale aziendale.
Appoggiati da una serie di importanti testate nazionali si vuol far credere all’opinione pubblica che i tentativi di diversi piccoli imprenditori di utilizzare dei sistemi legali per recuperare ciò che in tutti gli altri paesi della comunità europea è la normalità, siano le solite manovre da furbetti.
Personalmente dico che le cose non stanno così. In Italia si è costretti a dover ricorrere a queste attività di finanza creativa, perché lo stato oggi è talmente indebitato che non può fare a meno di queste entrate; risultato da luglio a novembre 2006, il Dl Bersani ha prodotto un calo delle vendite di particolari tipi di veicoli del 14%. Questo calo delle vendite che danni ha prodotto alle casse dello stato? Di gran lunga molto di più dell’IVA che l’azienda avrebbe recuperato, con l’aggravante di mettere in difficoltà gli operatori economici del settore.
Infatti il problema maggiore è che oggi le aziende italiane sono costrette a vivere alla giornata, non possono programmare, perché basta che ci sia uno spiffero alla porta che si decide di abbattere l’intero palazzo e ricostruirlo interamente.
Basta guardare certe trasmissioni televisive per capire che sprechi ci sono in Italia: 2600 assunti dal consorzio Nettezza Urbana della provincia di Napoli che non fanno assolutamente nulla, per dare lavoro ad altre aziende private, con la scusa che i mezzi del consorzio sono rotti.
Cosi si getta al vento circa 6 milioni di stipendi al mese, lasciando l’immondizia per la strada, lo stato deve stanziare somme straordinarie per pagare i privati, per non aggiustare od acquistare una cinquantina di mezzi, che solo con il risparmio di un mese di stipendi sarebbero stati recuperati.
Gli italiani sono sfiduciati e fino a quando, anziché dimostrare di voler combattere gli sprechi, si vorrà perseguire il singolo cittadino, tanto paga sempre Pantalone, di strada se ne farà sempre meno.
Se poi Pantalone è il mondo degli automobilisti, che ne pensate di costituire un nuovo movimento? Il MAI: Movimento degli Automobilisti Italiani.
Se da una parte ci sono i verdi, dall’altra c’è sicuramente spazio per gli automobilisti.
Ciò, sempre a mio avviso, non vuol dire perseguire fini opposti a quelli dei Verdi, come la riduzione degli inquinamenti e degli impatti ambientali, ma certamente una maggiore difesa dei diritti degli automobilisti che oggi sorreggono oltre il 50% dell’economia nazionale.
Attendo vostre segnalazioni.

Giuliano Latuga
Top